Asimmetria: a rota di Roth



Primo approccio ad Asimmetria. Un approccio tattile, tattico: un'ora da Feltrinelli a mettere di sbieco tutti i volumi della Halliday esposti sugli scaffali e sui banchi, per veder realizzato in parvenza il contenuto asimmetrico del romanzo. Dovrei farmi pagare, lo so, ma ho voluto spandere la mia generosità creativa in modo anonimo e gratuito. Un libro storto e fuori posto è un libro in rilievo (pensateci, addetti stampa, a livello di marketing avrebbe potuto funzionare). Comunque mi sono chiesto se era il caso di buttare dei soldi e altro tempo per leggerne pure le parole. Mi sono detto ok. Mi dico quasi sempre ok pure quando non è ok.

Secondo approccio. Zero curiosità di partenza. Non mi importava niente del gossip (la Halliday ha sponsorizzato questo suo esordio che parla della relazione tra una giovane redattrice/scrittrice e un vecchio, famoso, malato letterato, rivelando di essere stata l'amante di Philip Roth). Non me ne importava niente della promettente autrice che vive in Italia. Non mi importava niente del gioco di oggettivazione e sublimazione di fatti privatissimi. Mi importa pure poco dell'eredità letteraria della buonanima.

Terzo approccio. La lettura di una scrittura che non si lascia andare. Il romanzo è composto da tre parti scollegate che il lettore più fine potrà collegare secondo il suo pregiudizio poetico preferito (esperimento, relatività, gioco di incertezze, ribellione al magistero rothiano, auto-autofiction, ricerca ri-concettuale, percorso di domande doppie, sospetto di stile, destino). La prima, la più moscia, parla della storia d'amore tra Lisa Halliday e Roth utilizzando la terza persona e nomi inventati (lei diventa Alice, lui Ezra). La seconda, la più forzata, di un iracheno bloccato all'aeroporto di Londra dagli sbirri e di sospetti kafkiani post-undicisettembre (infondati? fondatissimi?). La terza, la più bella per scrittura, con Roth (ancora come alias) che racconta a una intervistatrice i dieci dischi da portare in un'isola deserta.

La Halliday si chiude in una logica minima e segreta di storytelling senza letteratura. Di prosa pulita senza autorialità. Scrive bene. Passo classico. Ironia da privilegio, senza rancore. Sistema tre racconti per tre domande senza risposta sul concetto minimo di differenza, che lei chiama asimmetria. Senza nulla di asimmetrico nel periodare. Senza sforzo reale di creazione o distruzione di un romanzo. Tutto si restringe con dedizione in una prospettiva mediata dalla mancanza di ciò che manca (vi manca Roth?). Non c'è trama per volontà. Non c'è coraggio di trama e per la trama o capacità di messa a nudo. E ci sono pochi segreti. Non c'è nulla da spiare. Nulla di interessante. Non c'è un lato giusto da approcciare. Non si legge del vecchio Roth che compra il Viagra, per dire. E non si capisce perché togliere dal racconto cose così importanti.

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