Salone del libro di Torino 2019: fascismi, zombie e sofà



Frequentere il Salone del libro significa sperperare tempo, soldi e amor proprio. E per cosa? Per sentirsi avvolgere dalla fredda, sofisticatissima intelligenza di quelle belle e scostanti anime letterate e letterarie che in Italia gesticono i feudi dell'arte, della critica e della lingua. Che in termini spicci vuol dire accodarsi a un serpentone di morti viventi vaganti per un labirinto di stand cafoni con offerte commericali (senza sconto) spacciate per offerte culturali. Il tutto sperando di poter partecipare a un evento importante, di rilievo. Edificante, almeno all'apparenza. E magari di tanto in tanto sfogliare libri che dicono e non dicono ma che non si desiderano affatto, così, tanto per vedere se c'è dentro una sorpresa, magari una cinque euro. Ascoltare una presentazione, di norma pallosa peggio di una messa di trigesimo, piena di ricordi, superlativi, luoghi comuni sulla letteratura e giudizi ovvi.

Il Salone, dicono, ha cambiato pelle. È ora cosciente kermesse commerciale, e per questo ha maggiore valore estetico e culturale rispetto ai Saloni del passato. Quasi quasi si sfiora il glamour. Un glamour per editor miopi e vestiti da beccamorti e stagiste trentacinquenni zitellone.

Ma che vuoi farci? È la bolla, con quell'atmosfera così speciale, che in certi fortunati momenti sa di putrefazione... Andare al Salone ci permette di inalare a pieni polmoni il sudore stantio di esseri umani statisticamente poco inclini all'igiene personale e alla profumazione, vedere e magari toccare con mano zombie appena usciti dalle tombe. Bello, il Salone, bellissimo: un luogo così familiare, e contaminato da confusione e squallide presunzioni di consapevolezza culturale.

Il Salone è un purgatorio. Ti richiama e poi ti punisce. Col suo ambiente sporco e male arredato. Col suo caldo. Prima di entrare ti perquisiscono manco fosse un carcere. Una volta dentro, ti fanno una testa così. Tutti parlano. Alle presentazioni, agli stand, al bar, nei cessi. Tutti hanno un commento da fare. Le solite vecchie chiacchiere e i nuovi amabili argomenti offtopic. Concetti sterili ripetuti duemila volte. Frasette pretestuose, false e scoccianti, lubrificate da leccate di culo, lacrime da commozione e da elemosina. E poi minacce, necrologi, bestemmie, critiche gratuite, cattiverie infami...

Verrebbe da pensare che il Salone è il male assoluto. No, non lo è. Nel male assoluto non ci trovi cose tanto scialbe e innocue come Pif, Jovanotti, i romanzetti romantici di E/O, le belle sperimentazioni americanizzanti di minimum fax, Luis Sepúlveda, Michela Murgia, Michele Serra e Claudio Magris, Helena Janeczek, il grande Pippo Baudo, gli youtuber di Mondadori, quei bei segnalibri, la Lipperini, Radio3, l'omaggio a questo, l'omaggio a quello, Travaglio e travagli vari, lo Strega europeo, il tizio che ha vinto il nobel per la letteratura nell'86 o nell'85, chissà!, ragionamenti sulla letteratura ispanofona e tutte quelle altre belle e vacue e stupide cose che caratterizzano l'evento. Cose di carta e plastica. Approfondimenti su cose vecchie, morte, sepolte, ma mai dimenticate. Nessuna novità neanche a pagarla. 

Lagioia non è Satana. È un chierichetto. Ma il Salone è così. Ti dà pubblicazioni disponibili nella libreria che sta sotto casa tua. Idee già masticate e digerite da tre anni e mezzo. Grandi editori che monopolizzano tutti gli spazi e piccoli editori che cercano di attirare l'attenzione di quelli che si perdono o non sanno dove cazzo sono finiti. Polemichette, provocazioncine e posette. Bei sogni di disperazione. Tanti autori. Tanti molestatori. Poche belle ragazze. Vecchi, un esercito di vecchi decrepiti. Scrittori che partecipano come ospiti a quella presentazione per essere a loro volta presentati da un altro scrittore amico alla propria presentazione, sperando che arrivi il giornalista amico di Tizio, e il direttore editoriale cognato di Caio, o la sua amante, che ha un podcast fantastico, dove Tizia è presenza fissa, quando non è ospite alla trasmissione di libri di Rai 3 che va in onda alle quattro di notte.

Al Salone ci trovi libri belli e libri scemi, testi nuovi, ispirati e stronzi. Autori famosissimi. Autori sconosciuti ma pieni di prosopopea. Case editrici ricercate. Case editrici sputtanate. Case editrici militanti. Case editrici filo-fasciste. Eh, ci sono sempre stati i fascisti al Salone del libro di Torino. Ed è una cosa brutta da affrontare, un male... ma non il male assoluto. Perché il lettore che avesse voglia di informarsi sul quel mondo, per studiarlo, criticarlo o abbracciarlo, ha il diritto di trovare uno stand in cui affondare le sue morbose mani. O roba del genere. Però... però c'è un però. Tecnicamente, il fascismo non dovrebbe trovare posto in un salone di promozione culturale. Lo dice la Costituzione, pare. E allora è più che logico che nasca una polemica, soprattutto se l'editore in questione alza il tiro proclamandosi fascistissimo.

La polemica dovrebbe essere una battaglia argomentativa, una lotta tra intelligenze. Ma molto spesso si trasforma in un gioco di ruolo per gente senza ragione e palle. La polemica dovrebbe essere divertente. Ma al Salone non lo è. Ricapitoliamo? Ok: quest'anno, un editore legato a CasaPound (Altaforte di Francesco Polacchi) ha fatto sapere che venderà a Torino un libro intervista a Salvini. E da qui l'inutile, apparente e inconcludente chiacchiericcio degli offesi e degli indignati.

Due le reazioni più gettonate. Prima reazione: ah, ci stanno pure i fascisti? allora io non ci vado, al Salone. Seconda reazione: ah, ci stanno pure i fascisti? allora io mi presento davanti allo stand dei fasci e canto bella ciao, perché è nostro dovere presidiare il salone, per non lasciare che i barbari avanzino nel nostro territorio. Reazioni, appunto. Risposte stizzite e poco ragionate a un problema mal posto e male interpretato.

Altaforte pubblica anche libri a tematica filo-fascista. E l'apologia di fascismo è un reato. Ed è per questo che la gente del Logos dice che non potrebbe sopportare l'idea di stare gomito a gomito con i fasci e con i lettori interessati a quella roba lì. E chi sono questi fasci? Esaltati, ignorantoni e criminali. Be', non solo. Per la maggior parte, pure loro, sono persone. Gente con idee confuse e pericolose, forse. Ma col diritto di pensarla anche in modo proibito, stupido e offensivo. Perché pensare è diverso da agire. Avere nostalgia di un abominio politico, essere interessati a qualcosa di crudele, non comporta una apologia. Non c'è in gioco la ricostituzione del partito fascista, spero. Per quanto ho capito, si tratta comunque di quattro gatti. In più la politica non può sostituirsi alla magistratura. E neanche l'industria culturale può farlo. Nessun giudice ha mai stabilito che Altaforte commetta un reato pubblicando i propri libri. Escudere Altaforte dal Salone diventa perciò una pena arbitraria, che non nasce da alcun serio dibattimento. E poi che vogliamo fare? Rendere il Salone un tribunale? E chi sarebbe il giudice? Lagioia? 

L'ovvio, a ogni modo, bisogna ripeterlo, altrimenti è facile fraintendere: il fascismo è un pericolo relativo ma comunque spaventoso. È reato promuoverlo. Come la pedofilia. Non si accetterebbe mai in una fiera culturale uno stand di una casa editrice che fa apologia della pedofilia. Ma il contenuto di un libro non rientra in questo tipo di censura. Perché non si può sindacare sull'idea che si esprime in senso critico o letterario. Due sono le cose. O si battaglia sul serio, cioè attraverso la magistratura. O si lascia correre e si tollera, senza generalizzare e puntare il dito. Il mondo della cultura è un sogno aperto a tutti. Comunisti, satanisti, discotecari, buddisti, islamisti, nostalgici fascisti, fabiovolisti, zombie e poveracci. E questo sogno è possibile se nei luoghi della cultura entrano tutti quelli che se lo meritano, perché validi culturalmente, al di là delle loro colpe o scemenze politiche e morali. Al Salone, invece, entrano tutti quelli che pagano. Sì, succede proprio così a Torino. Non c'è direzione etica. Quindi non evochiamola a casaccio. Non c'è la discriminante della qualità. Allora non pretendiamola dove non è possibile. La qualità per il nostro salone la troviamo in promozione, da Poltrone e sofà.

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