La Musa di Hemingway. Memorie e tormenti di Adriana Ivancich di Nicola Morgantini

To Adriana who inspired everything that's good in this book and nothing that's not.
Nicola Morgantini, nel suo ultimo libro LA MUSA DI HEMINGWAY, fa un po' lo storico e un po' il pettegolo, raccontando una vecchia storia d'amore, parlando qui e lì di letteratura. Questa, in pratica, è una lettura da femmine, piena di pettegolezzi, ansie da zitella, batticuori e lagne. Ma con un tema che nobilita il sentimento e una scrittura, diciamo, sopportabile. La protagonista è Adriana Ivancich, pittrice, scrittrice, veneziana, mezza nobile, mezza rovinata dalla guerra, proprietaria di un palazzo nobiliare in Calle del Remedio a Venezia e di un villone a San Michele al Tagliamento, bombardato dai nazisti...  Luoghi che gli amanti di Hemingway riconosceranno come sfondo del romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi. E infatti Adriana altri non è che il modello reale della appassionata e un po' zoccoletta Renata.

Hemingay e Adriana si conoscono sul Lido nel '48. Lui è già un grassone ubriacone di cinquant'anni. Lei ha appena diciotto anni. Si frequentano, poi, quando lui parte, iniziano a scriversi. Ernest è un grafomane. Lei una curiosa. Si scambiano lettere d'amore, prima sublimato nei confronti letterari, poi più esplicito.

A Venezia il loro rapporto è sulla bocca di tutti e si grida allo scandalo. Cosa ci fa quel vecchio zozzone americano con la nobile e giovane Adriana? Quando negli anni '50 inizia a circolare il romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi, Hemingway chiede al suo editore di non farlo tradurre in Italia, quasi sicuramente per proteggere Adriana. Lei, d'altra parte, si scandalizza quando capisce di essere stata tradotta nella lasciva e superficiale Renata. Non si riconosce. O si riconosce troppo.

Morgantini si sofferma anche un po' sull'esegesi del testo, uno dei più ambigui e cupi del grande romanziere del '900. Un libro stroncato dalla critica e che secondo molti fu una delle ragioni che spinsero Hemingway alla depressione (che culminò con il suicidio del '61). E se a intristire Ernest fosse stata soprattutto Adriana? I due avevano smesso di scriversi, quando lei aveva accettato di sposare un nobile milanese. Di Hemingay la signora non voleva sentir più parlare. Le piacevano di più i pittori, ormai.

Da moglie la contessa si impegna ad abbandonare la letteratura e a crescere i figli. Ma anche Adriana è fragile. Non riesce a vivere così. Colpa del pensiero triste e della nostalgia di Ernest? Nel 1978 tenta il suicidio, ma il marito la salva e la fa ricoverare. Da qui la spinta che la porta di nuovo a scrivere. Si applica a un libro di memorie per raccontare la sua storia con Hemingway: La Torre Bianca. Ma nessuno le crede. Le danno della mitomane. Figli e marito ne soffrono e si vergognano come ladri. 

Una storia triste. Che testimonia una grande verità. Le groupie devono starsene al posto loro.


Commenti

  1. Fantastica, dico davvero. C'è del genio tra le righe. "Le groupie devono starsene al posto loro". Non fa una grinza.

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    1. Grazie bello! Sei il numero uno. Cioè sei il primo. Cioè il numero uno.

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