Carlo Maria Martini, scolastico ripetente

Un tempo, e non parlo di millequattrocento anni fa, la filosofia più alta s'intrecciava con la scrittura più raffinata tramite la mente e lo spirito di pensatori cristiani. Oggi invece ci tocca un sacco di robaccia, tipo de Le Cattedre dei non credenti, il primo volume dell’Opera Omnia del cardinale Carlo Maria Martini, con prefazione di Papa Francesco. Un catechismo male organizzato, scritto senza stile e logica, senza gusto, senza senso e pieno zeppo di banalità sconcertanti. E la cosa più spaventosa è che ci aspettano altri diciassette libri, promossi dalla Fondazione Carlo Maria Martini in collaborazione con l’editore Bompiani. Perché c'è ancora chi vuole spacciare Martini per il più grande pensatore religioso degli ultimi cinquant'anni. Perché l'intelligenza contemporanea della Chiesa è tutta qui: nelle frasette inzuppate e gocciolanti di buoni propositi, nelle critiche dolci e concilianti e nelle preghierine universali raccolte dall'arcivescovo nato a Torino nel 1927 e richiamato dal Signore nell'agosto del 2012. Martini è stato un uomo di successo. Dentro e fuori dal Vaticano. Colui che è ancora oggi universalmente rispettato come uno dei più grandi protagonisti della Chiesa contemporanea e come intellettuale fondamentale per comprendere la cultura e la società del Novecento. E se il giudizio storico è questo, vuol dire stiamo rovinati. Stanno rovinati. I cattolici, intendo.

Apriamo gli occhi. Senza paura. Nessuno ci sputerà dentro. Martini è stato un ispirato biblista, un potente vescovo dagli ideali pubblici tolleranti (spese molte frasi di apertura nei confronti degli atei e degli islamici), ma niente di più. E in questo primo libro oltre all'autocelebrazione e alla riproposizione di concetti vecchi come l'Antico Testamento non c'è proprio niente di sensato o concettualmente strutturato.

L'arcivescovo di Milano ribadisce il valore del dubbio come fondamento dell'interrogazione, ripescando senza molta originalità Agostino in chiave social-popolare. Dice che il vero credente deve essere anche non credente e che il non credente è sempre un po' credente. Fa finta di crederci. Anche se, stando al suo discorso, dovrebbe ammettere di non crederci. Il problema quindi sta nel problema della fede come opportunità e non come sacrificio. Questa la sua tesi principale. DAVVERO CI CREDE? Poi ci sono i dialoghi con gli uomini di cultura e di fede, le tesi estrapolate dalla Cattedra e le rispostine semi-mistiche che invitano l'umanità a riscoprire la propria fragilità. Più ti fai schifo, più comprendi quanto sei fallibile e perverso, e maggiori probabilità avrai di incontrare la fede. Un elogio della disperazione truccato da inno alla speranza.

Poi c'è tutta un'insopportabile sezione dedicata ai mali della Chiesa. Martini esprime il suo grido di ribellione al potere ecclesiastico burocratizzato e alle forme false di spiritualità. Ma chi? L'arcivescovo? Ma quanta ipocrisia! E su quali basi? Per quali ragioni teologiche?

Lasciamo poi perdere la paginetta introduttiva di Bergoglio: una cartella di scemenze claudicanti e presentuose, false fino al midollo. Amen.

Dico io, dedicatevi a cose cattoliche con serietà. Parlate di spirito santo, miracoli, trinità, continuavano a chiamarla trinità e verginità della madonna. Almeno siete al riparo da critiche logiche e morali. UN CONSIGLIO. Riamen.

Dio non esiste. Chi vuole scriverne deve almeno stupirmi con qualche effetto speciale.

Commenti