La real politik ve la insegna il Botero

Una piacevole scoperta. In libreria, nella sezione classici, ho trovato una nuova edizione (Aragno) di un'opera dimenticata di Giovanni Botero: Delle Cause della Grandezza delle Città. Tranquilli, gente. Se la notizia non vi esalta né vi preoccupa, non è tutta colpa vostra. Il Botero è uno dei nomi più trascurati della letteratura e dalla critica culturale italiana. A scuola lo si salta con beata indifferenza o lo si cita frettolosamente a margine di Machiavelli. I più secchioni potranno associarlo a un testo, da cui mutuiamo un'espressione e un luogo comune: Ragion di Stato.

Il mio intento è quello di spronarvi a un recupero, almeno marginale, dell'autore, le cui opere rappresentano una formidabile e attualissima via maestra per l'interpretazione della realtà politica e sociale. I superlativi sono d'obbligo per voi utenti avidi di sapere e di hype. Dicevamo: schematizzate mentalmente Giannino Botero come una miniera di pensiero e analisi. Un giacimento di infelice saggezza utile per risolvere vari problemi contemporanei, tipo la sovranità, o cose sul diritto, la morale e la cittadinanza.

Botero era uno studioso consapevole e attento, dallo sguardo severo e il pizzetto da inquisitore. Un ricercatissimo prosatore (non barocco, come si è soliti presentarlo). Uno che aveva capito la globalizzazione già alla fine dell'epoca feudale e che era riuscito a svincolarsi dall'inopportuna idea trascendentale dello Stato quale espressione di volontà divina da conservare ed esplicare attraverso la potenza militare. Alla fine del Cinquecento, il nostro amichetto riusciva già ad affermare una verità oggi contingentemente accettata ed evidente: tutto gira intorno ai soldi e al mercato. La forza è utile, utilissima, per mantenere il potere, ma senza soldi, senza commercio, senza mezzi, come si fa a garantirsi forti eserciti, fortezze incrollabili e macchine da guerra efficaci? Botero affermava che la politica è un'arte, una dottrina raffinata e fondamentale. Non solo istinto e non solo stratagemmi, ma uno studio non idealistico e non puramente teoretico basato sui fatti e sulle realtà mutevoli che agiscono sulla comunità. Compito della politica è mantenere integro e vivo lo Stato, preservare il potere, che è garanzia di legge, ossia antidoto contro il caos. Ci vuole una ragione di Stato, una legge su cui si basano e si giustificano tutte le successive leggi. Perché rispettiamo il diritto? Perché è emanazione della volontà di Dio, rispondevano i canonici. Perché è la traduzione delle leggi che regolano il cosmo e la vita, dicevano i vecchi filosofi. Botero rispettava queste posizioni, ma capiva che erano stronzate. E che, sotto sotto, non offrivano alcuna garanzia di fondamento. E senza fondamento, tutto crolla, diventa rivoluzionabile, precario e inefficace. Dunque postulò l'esistenza di un diritto supremo che soggiace alla stessa vita dello Stato. Il diritto si fonda sul diritto stesso, ossia sulla realtà di uno Stato che ha bisogno di andare avanti e imporre leggi. Più o meno quello che diceva Machiavelli, ma con più forza e più coscienza politica e giurisprudenziale.

Botero era comunque un gesuita. Era cresciuto in monastrero e aveva fatto carriera grazie ai preti. Non si sognava nemmeno di criticare la Chiesa (o di far incazzare l'Inquisizione) e riconosceva alla religione un ruolo importantissimo nella moralizzazione dei suddisti, ma il suo atteggiamento politico è sottilmente laico e realista. Ciò che conta è la situazione... La religione va sfruttata solo perché presupposto ideale per tenere a bada gli istinti individualisti e distruttivi dell'umano.

"Tra tutte le leggi non ve n'è più favorevole a Principi, che la christiana; perché questa sottomette loro, non solamente i corpi, e le facoltà de' sudditi, dove conviene, ma gli animi ancora, e le conscienze; e lega non solamente le mani, ma gli affetti ancora, e i pensieri..."

Infine va riconosciuto a Botero lo stile pieno, a metà tra divulgazione e argomentazione dotta. Un verbo adatto alla materia trattata: serio, chiaro, potente, sottilmente cinico. Indispensabile per spiegare e convincere, anche i più fessi.





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