Da uno che si chiama Sandrone


Un thriller da perdere. Senza non. Siamo ancora fermi all'estetica del dettaglio per caso, del perturbante deviante, con dei casi da riaprire o che si riaprono per caso, i caffè lunghi e i dettagli minimi, inutili che fluttuano come fantasmi dal passato e hanno più anima dell'anima tormentata dei protagonisti. Siamo bloccati al gusto investigativo dettato da Chi l'ha visto?, con prospettiva di riadattamento in sei puntate per la fiction RAI. Il mistero drenato dall'azione, la gente che insegue le orme e si fissa nevroticamente sul passato irrisolto, con il dubbio che risolve un altro dubbio, tramite i muscoli e la violenza, di fronte a una strage di famiglia con un unico sopravvissuto sconvolto. C'è l'ombra fissa del rapitore e assassino seriale. Ci sono cinquanta colpi di scena, contati. C'è un finale atteso in quanto inatteso. Per qualcuno, Sandrone Dazieri è un maestro del thriller. In questo commercialissimo  nuovo romanzo intitolato Il re del denaro, terzo capitolo di una trilogia poliziesca con protagonista femmina (la Caselli), però sembra di leggere la prova svogliata di un allievo ripetente (l'esperienza), di quelli che copiano un po' di questo e un po' di quello, senza neanche preoccuparsi di riformulare, parafrasare, dato che hanno afferrato il meccanismo delle richieste dell'uditorio. E si arrangiano nel facile dovuto, senza un minimo di ironia. Ok, in questa realtà che viviamo, forse giustamente, i maestri sono quelli che riescono a farsi leggere, che vogliono e possono essere letti da molti: coloro che, semplicemente, splendidamente, vendono. E Sandrone vende. Il primo capitolo della saga, Uccidi il padre, è stato un successone... quindi, non importa se la forma è trita e scadente, se il contenuto non ha nessun carattere interessante e se tutta l'opera è inguaiata in una costante ricerca di banalizzazione narrativa.

Si riaprono i casi, nel caso che qualcuno voglia ancora spiare in una storia con tre o quattro misteri tirati per le lunghe. Questo importa, a livello di fine. Senza stile. Senza senso. Sandrone, il maestro, ci mette tutti gli schizzi di sangue che ci vogliono. Poi ci mette i ricordi, le paure e il riscatto. La poliziotta che torna a investigare dopo vari mesi di ritiro. Una colomba che diventa fenice. In lotta contro l'uomo senza nome, con il fisico e la falsa emancipazione femminile (la donna che si comporta da uomo). Ecco come si scrive un thrillerone.

Commenti

  1. Letti puntualmente tutti i libri di Andrea Di Carlo gli ultimi con meno voglia ma più testartaggine... l'età che avanza per lo scrittore e per me lettrice?

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