Storie per non riflettere: Il simpatizzante



Ho letto Il simpatizzante. Di Viet Thanh Nguyen. Premiato con il Pulizer. Presentato in Italia come il romanzo della nuova consapevolezza morale e storica americana.

Ve lo presento io in poche righe così: epopea cerebrale conradiana con intreccio marziale da spy story animato da personaggi senza identità o dall'identità negata. Bastardi, complottisti, opportunisti e reietti, insomma. Gente di merda. Crudeli e spietati triplogiochisti. Spie. Sicari. Sbandati. L'America vista con gli occhi di chi odia e invidia l'America. Tipo vietcong senza soldi e senza famiglia che per sopravvivere possono e vogliono tradire il loro Paese e uniformarsi alla prevedibile, cinica, straordinaria mentalità statunitense.

A un certo punto si racconta di un grande regista americano (un simil Coppola) che gira un film sulla guerra e chiede al protagonista del romanzo, un mezzosangue, di trovargli delle comparse vietcong. Gli serve gente da far morire per finta che assomigli a quella che muore sul serio. Devono sembrare cattivi. Primitivi. Bestiali. Ed è facile trovarli. Perché la guerra ha ridotto proprio così i vietnamiti: come cani rabbiosi e scabbiosi.

Ma c'è che le vittime diventano vere vittime solo provocando i carnefici. Magari sconfiggendoli. Giocando sul senso di colpa, molto inconscio. Incattivendo chi si crede buono. La colpa è quindi doppia. Anzi non c'è. E allora siamo tutti marci. E se non lo siamo, è solo perché non ne abbiamo avuto ancora l'occasione.

Alla base di tutto c'è un'ambigua riflessione storica che non risolve e chiarisce niente. Di nuovo bene e male. Con il bene che ha bisogno del male e viceversa.

Il merito dell'autore sta nella forma precisa, fredda, cinematografica e insieme didascalica. Una forma che è più forte e consapevole del contenuto. Cosa che in Italia sembra impossibile. Specie quando si trattano temi del genere.

Va a finire che la nuova consapevolezza americana è non americana. Che si parla del passato tragico per evocare i pericoli di un presente ridicolo. E pericoloso. Soprattutto per i mezzosangue. Per chi ci tiene ancora a schierarsi moralmente con il nemico.

Il libro è uscito su Neri Pozza. Vale più o meno la pena. Non per riflettere. Chi ha bisogno di storie per riflettere è un criminale amorale. Vi faccio un esempio. Ho letto anche Perdersi di Charles D'Ambrosio (minimum fax). Lì, il contenuto prevarica la forma. E non sa di niente. Non dice niente. Non riflette niente. Anche se vorrebbe proprio far riflettere. Sono dei piccoli saggi travestiti da narrativa. Si parla anche di America post 11/9 senza arrivare a un cazzo.

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