La letteratura non è e non può essere


La letteratura è un non essere. Non è. E se è, c'è solo quando non c'è. Non è nelle intenzioni dell'autore, perché lo scrittore che scrive volendo fare letteratura è un furfante o un illuso. Non è nelle pretese del pubblico, che giudica il già giudicato e premia solo ciò che gli lasciano premiare. Non è nei premi che la premiano. Non è nei critici che la criticano. Non è nei docenti che la insegnano. Non è nei trattati che la trattano. Non è tra gli editori che la editano. Non è nei sogni che se la sognano.

Essa sfugge e manca. Nel tempo presente. Perché, anche suppondendo che essa possa esistere, la letteratura dovrebbe celarsi, eludersi, naturalizzarsi nell'assenza, così come i tempi del vendibile, del commerciale, del fruibile e dell'immediato impongono. Capita perciò che si dimentichi cosa sia questo non essere e che si spacci ciò che non è come un possibile essere del non essere.

Ma il non essere sa comunque manifestarsi in quello che non c'è. E c'è dunque letteratura nel passato: ci fu. Probabilmente ci sarà, ma non per chi ora è e per ciò che ora vorrebbe essere.

Mi sembra abbastanza chiaro.

Allora, tenendo presente questi pochi assunti, evitiamo l'uso volgare e avvilente di questa antica e importante parola dalle pretese impossibili. Parliamo di altro. Non di scrittura, né di lettura. Propongo un'espressione nuova, cioè vecchia ma non più in voga: il saper raccontare. Dice molte cose.

Sul serio ci conviene continuare a lottare contro quest'idea vertiginosa e totalizzante della letteratura? Davvero ci importa di estorcere un significato o un'apparenza da ciò che per essenza e per convenienza è soltanto non essere? All'inizio del Novecento, con l'arrivo dei prodotti di consumo e delle avanguardie, sembrava che l'uomo culturale potesse davvero svincolarsi da questa ingenua e dannosa pretesa di assoluto. Il popolare e poi il commerciale però, ci dispiace ammettere, hanno fallito miseramente. Dovevano uccidere il tiranno, scacciare dalle scuole quella detestabile disciplina summa chiamata letteratura, strappare dai cuori velleitari l'illusione ascetica di un valore che non esiste. E invece ancora oggi, nel 2017, perdiamo tempo a ragionare di letteratura, applichiamo giudizi infondati su opere lontane dal senso dell'illusione e critichiamo oneste schifezze illetterate come tentativi goffi di letteratura. Questa è letteratura, questa non lo è. Questo è un risultato assoluto e questo un risultato grossolano... Ma che rottura. Al diavolo! Niente è letteratura. E meno un libro assomiglia alla letteratura, più si avvicina a quel mancare che ne è l'origine.

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