L'anti-antipasolinismo

L'idea che muove quest'articolo è quella di comprendere e far comprendere perché si leggerà ancora Pasolini nel XXI secolo. Non solo come profeta e martire, neppure come monumento del passato più confuso e affascinante della storia italiana, ma come autore vivo e fecondo. Ottimo per qualità della sua scrittura, per bellezza espressiva e per tutte le questioni che ha imposto all'arte nell'arte dello scrivere. No, non posso qui fornire strumenti completi per orientarsi tra gli scritti di Pasolini, ma permettetemi almeno di porre l'accento sui materiali a mio parere più importanti della sua produzione: i due racconti giovanili (e postumi) di Amado mio, le sceneggiature per film (tipo Porno-Teo-Kolossal) e il romanzo Il sogno di una cosa. Pasolini prosatore polemico, Pasolini narratore, Pasolini poeta (e che poeta! Un Montale dello sfregio stilistico e del neoreale mutante). Vorrei concentrarmi su un punto diverso, più specifico: riufiutare il superficiale e reattivo rifiuto del pasolinismo che si aggira oltre o dietro le strumentalizzazioni del nome.

Flashback. Dopo trenta, quarant'anni di ripetizioni di scuola pasoliniana, alternativa e rifondazione del realismo accattone, del frocismo sacrale e malinconico, della nostalgia canaglia della casa in campagna e cose del genere, l'espressione "pasolinismo" ha assunto connotati puramente negativi, non solo per gli intellettuali militanti e coscienti. Quando si parla di pasolinismo si pensa infatti a qualcosa di orrendo. Alle tradizionali e contraddittorie interpretazioni politiche che si sono date dell'autore, cioè alla fede o al filisteismo di tutti quegli autori, o di quei lettori, e ancora di attivisti, storici, comunisti, fascisti, cattolici, professori e perditempo, che si sono appassionati al decadentismo critico, pezzente e pessimistico carpito o frainteso dall'universo di certi scritti di Pasolini. Il pasolinismo è anche in un'accezione tecnica, ossia nell'imitazione faziosa di modi e metodi di poesia e commento. Per rievocare nell'artificio moraleggiante una concezione del mondo progressivamente attuale e specifica, quella che vede nell'autore nato a Bologna un profeta antisistemico e antisistematico di un degrado in perpetuo rivelarsi e rinnovarsi.

C'è ovviamente da osservare che entrambe queste visioni forzano l'estetica e la poetica di Pasolini in una interpretazione strumentale e stupida. Un articolo uscito su Doppiozero ne parla abbastanza chiaramente. Questo. Dal punto di vista politico, la situazione è ancora più ridicola e imbarazzante. Se volete approfondirne il degrado, vi consiglio di leggere questo intervento di Iacona. Poi ci sono gli scrittori, che credono di potersi rifare a Pasolini, o che si sentono in diritto di sfruttare una passione falsata per offendere certe conquiste stilistiche e teoriche dell'autore. Sì, tutta gente che banalizza e appiattisce la grandezza di Pasolini. Che maltratta una ragione e la ricicla in ideologia. Ma possiamo mai giudicare dagli interpreti o dalla pessima istituzionalizzazione di una corrente il destino di un'idea di per sé così potente, importante e dialetticamente animata? Il pasolinismo ha senso come direzione. Come movimento e ispirazione. Non c'è, e non ci sarà mai, un erede di Pasolini, di contro, l'eco della personalità artistica e intellettuale di Pasolini è più ampia e risonante che mai. Lo stato dell'arte della letteratura italiana (Siti, Saviano) ci dice che il pasolinismo non è una dottrina di organizzazione. Non è un filone capace di riprendere un motivo proprio, una ragione pura, un qualcosa di Pasolini. Neppure le apparenze. Scientificamente parlando, il falso pasolinismo non ha prodotto nulla di pasolinanamente valido o sensato. Anzi, gli autori che si dichiarano pasoliniani, i politici che riprendono idee di Pasolini, hanno dissolto gli interessi e i valori che si opponevano a prendere in considerazione tale questione. Propriamente non esiste un pasolinismo. Quindi non ha senso parlare di antipasolinismo. Ma paradossalmente, questa conclusione negativa conferisce a Pasolini e alla sua eredità una dimensione molto più grande. Liberati dalle illusioni e dalle imposture, guadagnamo una infinita prospettiva di possibilità. Siamo liberi di sentirci pasoliniani nell'impossibilità di una dottrina pasoliniana. Diamolo per assodato. Rileggiamo Pasolini senza timore. Ispiriamoci a Pasolini, alla sua disperazione vitale, ai suoi gesti comunicativi non letterari, al suo essere per sempre discriminante. Alla sua parola che lascia ancora interdetti. Che fa ancora pensare, anche se parla di cose che non ci sono più veramente. Finalmente.

Commenti