Quando Veltroni divenne romanziere



Ma quanto è facile, quanto è bello rubricare Quando, il nuovo romanzo di Veltroni, quale pretestuosa schifezza imbarazzante senza leggerne neppure un rigo. Che soddisfazione che ci dà sfottere il politico, l'ex direttore dell'Unità, l'ex ministro della cultura, l'ex sindaco di Roma, l'ex numero uno della Sinistra italiana, e criticarne il protagonismo, le velleità e la superficialità. C'è chi si è letto due interviste promozionali e la sinossi e ha gridato subito allo scandalo. C'è chi ha detto chiaro chiaro che il WV stavolta ha cacato preciso fuori dalla tazza. Che dopo aver prodotto saggi, critiche cinematografiche, poesie, film, documentari, partiti, presidenti della repubblica, crisi istituzionali e racconti, WV non si doveva permettere 'sto romanzo. E no. Mo WV avrebbe esagerato: uno scandalo! Ci sta pure quello con un sacco di tempo da perdere che si è messo a computare tutti gli errori di stile e a segnare con la penna rossa le virgole eccessive e le metafore logore, con lo stesso triste piacere della professoressa supplente che si applica per bastonare lo storytelling del temino di uno studente di dodici anni che, fortunatamente, non si è applicato proprio per niente. C'è chi ha preso di mira la banale idea narrativa di partenza, chi ha deriso il fine estetico. C'è chi ha letto il libro come un'apologia personale e chi ne ha schifato il senso fin dal quando, cioè dal titolo. C'è chi ha sbadigliato e chi ha alzato le spalle. Chi si è sentito felice, felicissimo, perché ha ritrovato un nemico che sembrava scomparso... ogni volta che esce un romanzo brutto scritto da uno famoso si legittima la pena e l'eroismo dell'artista precario, sconosciuto e incompreso che a quarantadue anni sta ancora cercando l'occasione giusta.

Quando Veltroni divenne un romanziere? Non si sa. Magari frequentando Pasolini durante le manifestazioni romane del post-sessantotto. Forse durante il dominio di Occhetto.

WV non è un fesso. Se avesse voluto farsi accettare e ammirare dalla comunità letteraria, avrebbe messo su una casa editrice. Se avesse inteso compiacere la critica, si sarebbe fatto rifare il libro da Raimo, Lagioia, Ricci o uno del genere. Se avesse voluto provocare reazioni forti, si sarebbe buttato su una trama meno scontata (il libro, a quanto si è capito, parla di un comunistone che si sveglia dopo decenni dal coma e capisce che non esistono più l'URSS, il socialismo e le vecchie care illusioni dei bei tempi andati), magari inventandosi un protagosista fascio o berlusconiano. Veltroni punta a un pubblico di signori di una certa età, professionisti riformisti abituati alla prosa di Gramellini e Vespa. E punta a dare una certa immagine di sé. Poteva fare altrimenti? No, perché non è un romanziere di professione. Sa narrare di se stesso, delle sue vecchie idee, dei suoi sentimenti. Ed è giusto così. Non poteva certo andare troppo oltre. Sarebbe stato inaccettabile, problematico. Si può dunque criticare Veltroni perché fa politica attraverso i romanzi? No. Perché mai si dovrebbe? Da lì viene il nostro caro Veltroni. Velleitario sarebbe stato scrivere d'altro. Veltroni è scarso? Probabilmente è così, ma ciò non gli impedisce di essere pubblicato e letto. Veltroni è un male per le lettere italiane? No. È un bene. Perché è un politico (un ex politico) che non scrive il solito libro di programma politico o di commento storico. Ha scritto un romanzo. E mica è il primo... Ne ha scritti già. E questo venderà come e più dei precedenti. Subito dopo ce ne dimenticheremo.



Un romanzo comunque politico. Il nostro WV può essere antipatico, insopportabile, pesante, noioso e arrogante quanto vi pare, ma il suo essere scrittore (per esprimersi, per guadagnare, per ingenuità, per calcolo) va rispettato come espressione soggettiva ideologica, strategia commerciale e visione ispirata o ragionata di creatività. E se il mercato lo premia... dovete solo starvi. E regalare il libro.

Quando? A Natale. È uscito mo per quello, mica per spostare i voti in campagna elettorale!

Tutto il blocco: WV è atroce: un danno costruito, pasciuto e artificiosamente protetto dal privilegio. Per molti versi assomiglia a una versione maschile, scialba e italiana di un'altra WV, cioè una VW. Un'altra condanna. Una condanna inglese e modernista. Ben più pericolosa del nostro dolce e trascurabile WV.

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