Pure io ho letto La vita bugiarda degli adulti





Diciamola così: solo in un clima culturale triste e misero quale è il clima culturale odierno italiano, il libro nuovo della Ferrante avrebbe potuto suscitare, prima di essere stampato, l'infinito ed eccitato interesse che ha in effetti sortito nella stampa letteraria. Sì, lo sappiamo prima ancora che ciò avvenga, il romanzo in questione conquisterà tutto il pubblico che deve conquistare. Il successo dell’Amica geniale non sarà mai eguagliato, ma anche da questa La vita bugiarda degli adulti verrà tratto probabilmente un seguito e poi una fiction o qualcosa del genere. Se ne è parlato tanto, a spiovere, di quest’uscita: dell’uscire in sé più di cosa sarebbe uscito. Quelli dell’e/o hanno fatto ciò che andava fatto: battere il ferro, caldissimo. Senza sforzo, hanno coinvolto migliaia di recensori (grandi, piccoli e minuscoli) in una gara all'ossessiva, frettolosa segnalazione. Facile facile, è bastato offrire loro la carità di un pdf in anteprima. Tutti felici ed entusiasti. Tutti eccitati, infettati dal virus grigio-argenteo del ferrantinismo. C’è chi, argutissimo, ha scritto articoli che non finiscono più (pardon, longform) non sul libro ma sulla mail promozionale inviata da e/o, cogliendo di fatto il senso più profondo dell’avvenimento. L'uscendo dall'uscire dell'uscita.

A me, ovviamente, non è arrivato un cazzo. Ma sorvoliamo.

Leggo il libro. Lo repirisco altrimenti. Già si trova nella stanza della mia coinquilina, sul comodino dove tiene i tappi per le orecchie. Vi ho mai parlato della mia coinquilina? Belle gambe, carattere di merda, una laurea inutile in sociologia, con la voglia pazza di trovare un fesso che se la sposi, è proprio la lettrice tipo della Ferrante. Per farvi capire il tipo: quest’anno l’ho vista leggere Giordano, Auci e la Atwood. Vi dico questa cosa principalmente per giustificarmi. Perché non vorrei mai passare per uno che si è andato a comprare il libro della Ferrante. Sono peggio: sono uno che reputando questo libro negletto prima ancora della sua uscita, ha sperato che la coinquilina lo comprasse per leggerlo senza doversi poi sentirsi un neglettissimo lettore di libri negletti. Inseguo disperato l'hype, che non so neanche bene cos'è. Cioè, leggo dei lunghi articoli sulla Ferrante, mentre giuro a me stesso che mai leggerò un rigo del suo nuovo libro. Perché? Perché non c'ho un cazzo da fare. Perché uno che dice le cose come stanno ci vuole. O no?

E insomma, non vi è stato dubbio che Starnone fosse un bravo scrittore di robetta formativo-sentimentale. Da quando è diventato femmina poi, che meraviglia, riesce a costruire struggenti operette di tormento opacizzato dalla bella nostalgia, prose catartiche, tanto leggere quanto solide. La vita bugiarda è appunto un romanzo solido e serio, fresco e agrodolce, onirico e realissimo. Una cosa notevole? Ma per niente. Qua è tutto artefatto, sforzo complice e corrivo. E appannato. Dipende, immagino, dal fumo di scena. Vapore che crea il mood nostalgico, e tutta quella roba là indispensabile a riverberare in mescole e gradazioni diverse il solito pastrocchio melò. Una cosa molto dozzinale. Dentro ci sono parecchie storie, diversamente caratterizzanti la gioventù, la ribellione, la ricerca dell’identità, la pubertà, il senso di colpa e il romanticismo che funziona a livello trasversale, perché mai troppo insistito o ragionato o analizzato o celebrato. Parlavamo di ribellione... Ma immaginate una ribellione molto pacata, quasi addormentata, senza tragedia, sì, un poco melodrammatica, ma contrabbandata per alta letteratura popolare. Con la Ferrante è l’ovvio a travestirsi da perturbante, è l’emozione accessoria che si sbatte, che diventa esagitante e spropositatamente sentimentale. Chi scrive ci mette tutto l’ingegno possibile per creare personaggi e situazioni a cui affezionarsi e in cui riconoscersi. Gioca con il sentimento di nostalgia per l’adolescenza perduta. E tutte le trentenni, le quarantenni e le cinquantenni, ovvio, impazziscono. Sbatte il cuore. Il presente si annebbia. Tutto fumo, molto suggestivo.

Giannina, la nuova protagonista, vuole essere qualcosa di diverso da Lenù. Vuole dimostrarsi più viva e consapevole. Ma, alla fine, il personaggio è quello: uguale. Stessa voce leggermente artefatta. Condizione contingente un po’ più realistica e sollevata e contemporanea. I nemici? Sono sempre in famiglia e nel palazzo. Sempre la stessa cosa.

Entusiasmarsi per roba del genere è avvilente. Perché tutto questo ingegno narrativo è fine a se stesso e noioso. Questa letteratura non supererà la prova degli anni. Tra cinque anni sarà dimenticata. Pure prima. L’estero ci farà sapere a breve che L’amica geniale era carino e tutto il resto, ma che il filone ha stancato e che la Ferrante non è nessuno. Poi la fiction de L'amica geniale verrà ritrasmessa di pomeriggio dopo la Balivo. E lì tutti capiranno cosa volevo dire. Quando il fumo si sperde.

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