Polemica della settimana: Massimiliano Parente contro le book influencer



Massimiliano Parente è un bravo scrittore. Un tipo strano. Antipatico a tanti, perché sempre impegnato a porsi un po' sopra le righe quando si tratta di esprimere un giudizio o di rapportarsi alla consorteria editoriale. Il suo ruolo nel dibattito culturale, sui temi più in voga e non, è di avanguardia, cioè orientato a far casino e a rompere le scatole. E poi c'è un altro vistoso neo nel suo cv che lo rende inviso a buona parte dei colleghi: è dichiaratamente di destra. Peggio: scrive sul Giornale, che per tanti è un giornalaccio cattivo e fetente. Il suo L'amore ai tempi di Batman è, comunque, un bel libro. Se vi capita, leggetelo.

Forse lo sapete, forse no. Magari non ve ne frega niente (giustamente)... Comunque, qualche giorno fa, sui social (Twitter e Instagram), è scoppiata un'animata polemichetta culturale, innescata proprio dal buon Parente, e che,  nel giro di poche ore, ha coinvolto un numero imprecisato di book influencer, un centinaio di neofemministe, qualche firma importante del giornalismo italiano, il fumettista Gipi e poi Lagioia (the master of Salon). 

E, Madonna mia, pare che siamo di fronte al dibattito culturale più vivace e accanito degli ultimi mesi. Non scherzo. Veramente è...

Se vi interessa, vi faccio un riassuntino.

In pratica, alcune blogger, non si sa bene come, si sono accorte che in un pezzo apparso sul Giornale lo scrittore Parente aveva fatto ironia sulla professione della "book influencer". Chi è la book influencer? Definiamola un'operatrice culturale che delega all'immagine propria o di oggetti di sua pertinenza il potere critico e intellettuale di promuovere libri sui social, ma pure eventi editoriali, iniziative legate ai romanzi e cose del genere... Parente, nel suo articolo, accusa queste nuove figure dell'industria culturale di trattare i libri come tovagliette e di essere interpreti di una professione inutile. Già il mondo in cui si muovono, cioè Instagram, è un luogo svilente per parlare di editoria, secondo lo scrittore. Non a caso, sempre secondo Parente, le book influencer sono quasi tutte femmine. Quasi a voler sostenere che l'essere donna implichi una certa dose di superficialità, almeno sui social. Cioè, un atteggiamento un po' frivolo e votato alla mera estetica. Insomma, per l'accusatore le book influencer  trattano l'oggetto libro come le influencer e basta trattano le borse firmate, i rossetti, le ultimissime di Uomini e Donne o i capi scollati. Come? Con cinismo, ma senza molta consapevolezza.

Di fronte a un simile attacco le book influencer (ovvero molte di coloro che gestiscono account e blog su cui si presentano libri attraverso foto e brevi post descrittivi) si sono offese un tantino. O per meglio dire, si sono incazzate. Su Twitter, hanno accusato Parente di sessismo e hanno fatto partire una campagna per boicottare i libri dello scrittore, con tanto di hashtag a mo' di dichiarazione di guerra. Qualcuna di loro si è accorta che nell'articolo incriminato Parente sosteneva di non voler perdere tempo a occuparsi delle book influencer: preferiva giocare a Call of Duty con Gipi. E allora alcune di queste utenti, sempre su Twitter, hanno chiesto a Gipi di prendere le distanze da Parente, e magari denunciare apertamente il suo atteggiamento maschilista. Gipi (l'amato fumettista, ospite fisso a Propaganda live) ha risposto che non aveva alcuna intenzione di prendere le distanze da un amico. In più, in maniera tutt'altro che velata, anche Gipi si è detto critico verso le book influencer. Poco più tardi è stato chiamato in causa Nicola Lagioia, in quanto gran capo riconosciuto della letteratura equa e rispettosa e impegnata, il quale, un po' a sorpresa, non ha mossa nessuna accusa a Parente... Altri scrittori si sono invece indignati per i giudizi espressi con troppa supponenza dall'autore dell'articolo apparso sul Giornale. Si è persino tirato in ballo un ban.

Conclusione: tutti, sui social, hanno detto la loro. Qualcuno ha twittato: "Hanno ragione le book influencer!". Un altro ha risposto: "No, ha ragione Parente!". Un altro ancora, "No, hanno ragione tutti!". E poi altri se ne sono usciti con un: "No, non ha ragione nessuno". Queste, in definitiva, le opinioni più importanti e chiare mosse dall'appassionante dibattito. Se posso azzardare una valutazione sullo stato attuale del conflitto, mi sbilancio affermando che per ora stia vincendo il partito che sostiene Parente. 

Tentando ora di andare un po' più a fondo in siffatto triste e avvilente argomento, così dolcemente marginale e terribilmente superficiale, il mio pensiero sulla questione è, più o meno, questo: le book influencer sono trattate con gentilezza e rispetto dagli addetti ai lavori e dagli scrittori, perché garantiscono un minimo di pubblicità. Non sono fondamentali per l'editoria e non hanno peso culturale. Lo sanno tutti. Stanno avendo i loro mesetti di gloria, e stanno sfruttando al massimo la situazione. Ma il loro "potere" si sgonfierà molto presto, perché essenzialmente non donano nulla al dibattito critico e non sembrano neanche così pervasive da un punto di vista mediatico: pubblicano foto di libri e copiano e incollano la sinossi delle nuove uscite. Al massimo si lanciano in un breve commento. Passata la novità, quando caleranno le visualizzazioni e i cuoricini, la gente tornerà a fregarsene di cazzate del genere come la copertina del libro inquadrata accanto a cappuccino e cornetto. Magari si ritornerà persino a ricercare pareri di critici veri (se ancora esisteranno). Il discorso sul sessismo è strumentale. Ma non è una novità. E su questo argomento sono destinate ad arenarsi tutte le conflittualità fra le parti a venire. Un maschio dirà a una donna: "Sei una scema", e lei risponderà: "E tu sei un sessista!".



 

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