Finalmente un romanzo firmato da Jerry Calà



S'intitola La lavadora (tradotto: la lavatrice) il primo incredibile romanzo di Jerry Calà, pubblicato da Bibliotheka edizioni. Una storia d'amore, libidine e spaesamento culturale ambientata a Cuba. Molto in breve: due amici cercano di mettere su, sull'isola caraibica, una discoteca, trasformando una decadente fabbrica in chiusura in un bel ritrovo cool per puttanieri e cafoni italiani in vacanza. Ma uno dei due soci si innamora e, inebriato corpo e mente dalla travolgente passione tropicale, vede ogni ogni suo piano liquefarsi, come ghiaccio sotto il sole dell'una. L'amore cubano diventa per Fulvio, il protagonista del romanzo, un'epifania. Il personaggio parte a mille, come una perfetta maschera ghignante da commedia anni '80, rinnovando tic e ragionamenti più o meno credibili dell'individuo medio e superficiale, arrogante e zozzone (l'hombre che piomba all'estero con velleità da business e da latin lover), e infine fiorisce e si autoleviga in ogni sua caratterizzazione più stopposa in un velluto ermeneutico senz'età. Il farfallone coi fiocchi si rivela sentimentale e ricettivo occhio pronto a immagazzinare dettagli e sfumature, e dunque a interpretare dal proprio punto di vista instabile (perché in trasformazione e perché fondato su un terreno falso, vacuo, cedevole) una realtà sociale e morale, che non riesce a comprendere ma a cui non sa resistere.

Siamo alla fine degli anni '90, al termine dell'affascinante e decantissimo ultimo quarto d'ora di illusorio benessere ideologico ed economico occidentale. Si parla di globalizzazione e di contaminazione culturale, senza sapere che cosa questi due concetti vogliano dire e possano davvero implicare. Cuba, riserva naturale, epica e poetica di passione e resistenza all'omologazione del capitale, si fa scenario di un'analisi extrapolitica ed extramorale sui limiti esistenziali e strutturali del liberalismo. L'isola è un fine perfetto per ogni prospettivismo di escapismo, uno specchio che rivela il passato e il futuro del destino umano. Qui la lavatrice si trasforma in ridicolo sogno, triste totem oscuro, feticcio pesante, rumoroso e abissale, cui anche la più pura e vivace anima deve arrendersi. Le ragazze cubane sognano una lavatrice, come in Italia si sognava il gioiello di diamanti o il successo in tv. Ogni speranza è assorbita dal moto centrifugo del risciacquo.

Calà (che ha scritto il romanzo in coppia con il suo sceneggiatore Gino Capone) concepisce un racconto esistenziale basato sull'espressionismo di situazioni più lineari del previsto, una novella estesa e ricca di pietà e di profondità etica. La vena comica è presente, ma trattenuta. Si mette sempre il gesto dinanzi alle parole, il significato sopra i significanti. Divertente e amaro, sincero e appagante, La lavadora fa il suo dovere: racconta una storia. Una lettura piacevolissima, storica, dunque: realista, cento volte meglio di Mozzi, Ardone e Lagioia. 

Le descrizioni concepite da Calà per dare profondità allo scenario non scadono nel cliché e nemmeno lo evitano per perversione. Offrono le immagini che contano, ovvero ciò che serve alla trama. E così le scene ci consegnano a una Cuba presente e già lontana, non ideologizzata, non ri-struttata né riciclata. Un sogno realissimo. Escapismo che si tinge di tragedia, ma senza melodramma e senza pesantezza analitica o sintetica.

Spacca!

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